martedì 31 marzo 2009

La difesa del presidente Renato Boraso: «Ingiustificate le richieste dei chioggiotti si tratta di aree del Comune di Venezia»

 

Le scelte del Gral per l’area lagunare delle “dighette” trovano un difensore in Renato Boraso, presidente del Consiglio comunale di Venezia. Il quale qualifica come «inaccettabili ingerenze ed attacchi» le iniziative del Comune di Chioggia che s’è mosso ed è intenzionato a farlo ancora per ottenerne una profonda modifica.
      Le ragioni della propria scelta il presidente Renato Boraso le ricava dal fatto che l’area in questione «ricade esclusivamente nel territorio del Comune di Venezia. Pertanto ben ha fatto il Gral a tutelare in questa fase difficile i nostri operatori in modo particolare quelli di Pellestrina in gravissima sofferenza economica considerato anche l’enorme divario rispetto alle aree già assegnate agli operatori di Chioggia».
      Una levata di scudi da parte dei chioggiotti sarebbe stata giustificata solamente nel caso opposto: nel caso in cui aree del Comune di Chioggia fossero state assegnate ad operatori non chioggiotti. Per documentare la crisi economica di Pellestrina Renato Boraso cita il caso del cantiere De Poli (dove comunque risulta lavorassero più di cento chioggiotti, ndr).

Al Gral è ancora muro contro muro

Dopo quattro ore di confronto in Provincia, nulla di fatto. Un nuovo incontro è previsto domani

Prorogate le concessioni a Pellestrina. I consorzi insistono: «Bisogna ritirarle»

 

Chioggia
      Fumata grigia. L’incontro di ieri presso la sede del Gral, a Mestre, presenti il Consiglio d’Amministrazione, l’assemblea del Gral e rappresentanti dei dodici tra cooperative e consorzi che agiscono nella molluschicoltura lagunare s’è concluso senza un nulla di fatto. Sul tavolo la richiesta avanzata dai consorzi Opm, Faro Azzurro, La Cavana, Cogemo e dalla cooperativa Coopesca di ritirare le concessioni di recente rilasciate dal Gral a favore di operatori di Pellestrina nell’area lagunare cosiddetta delle “dighette”. Concessioni in un primo tempo congelate fino ad ieri, termine prorogato (proprio ieri) di altri tre giorni. Sul punto, come aveva già lasciato intendere nel corso di una sua visita a Chioggia venerdì scorso il presidente della Provincia, Davide Zoggia è apparso irremovibile: le concessioni sono state rilasciate e non si discutono. Alla fine, dopo un confronto durato più di quattro ore, la riunione è stata aggiornata a domani, mercoledì, allo scopo di verificare la possibilità di un’intesa che metta d’accordo tutti gli operatori della laguna.
      Il Comune di Chioggia come componente dell’assemblea del Gral ha svolto opera di mediazione che, fin qui almeno, non ha raggiunto i risultati sperati. Il sindaco Romano Tiozzo e con lui l’assessore alla pesca Nicola Boscolo Pecchie hanno chiaramente dichiarato la disponibilità del Comune di Chioggia a lavorare per un’intesa che consenta, perché questo è quello che soprattutto importa, agli operatori di lavorare con prospettive certe. «A parole –ha dichiarato Romano Tiozzo- c’è disponibilità di tutte le parti per arrivare ad un’intesa. Se riusciamo a concretizzarla tanto di guadagnato. Altrimenti noi ripresenteremo le nostre richieste: ritiro dei provvedimenti di concessione e, in subordine, dimissione del direttore del Gral, Giuseppe Chiaia ed uscita di Chioggia dall’assemblea della società».
      Gli operatori di Chioggia sarebbero intenzionati a presentare una richiesta di concessione per 150 ettari sempre nell’area delle “dighette” vincolandone tuttavia l’utilizzo alla produzione di materiale da semina. «L’area in questione –sostiene uno di loro- ha fin qui dimostrato di poter funzionare come vera e propria nursery dell’intero sistema. Per l’allevamento è fondamentale poter disporre del materiale da semina. Visto che le “dighette” sono in grado di procurarlo a noi sembra prudente e saggio preservarle impedendovi la raccolta indiscriminata. Così facendo magari si può guadagnare per qualche mese per poi trovarsi, è già successo, nella necessità di acquistare la semina altrove».
      Giorgio Boscolo

venerdì 27 marzo 2009

Seicento firme per l’autonomia

Un documento è già stato consegnato al sindaco: «Scorporate l’isola dalla Municipalità del Lido»

 

Il malcontento per l’incorporazione di Pellestrina nella Municipalità del Lido è di vecchia data, ma la crisi economica unita ai problemi occupazionali nei settori fondamentali delll’isola come pesca e cantieristica, hanno spinto gli abitanti a formalizzare una cosa cui aspirano da tempo: l’autonomia.
      L’isola di Pellestrina aveva da sempre dichiarato la propria contrarietà al modello di municipalità che prevedeva l’aggregazione dell’isola al Lido, ritenendolo eccessivamente penalizzante. In tal senso l’ultimo consiglio di quartiere dell’isola aveva proposto dei documenti che allora avevano aperto un dibattito, sottovalutato e liquidato come "campanilismo" dall’amministrazione e dal Consiglio comunale.
      « A distanza di quattro anni - spiegano i portavoce del gruppo "Pellestrina c’è" - riteniamo che il modello di decentramento proposto allora sia ancora attuale e che possa essere sviluppato per tutte le realtà locali. Siamo partiti dalla consapevolezza che la suddivisione del territorio in sei municipalità ha prodotto sei fotocopie burocratiche del Comune di Venezia, con poteri che molto spesso tendono a sovrapporsi o a scontrarsi con quelli dell’organizzazione centrale e dove i confini delle competenze molto spesso appaiono confusi».
      Nella richiesta di scorporare Pellestrina dalla Municipalità di Lido e Pellestrina e di creare una municipalità di Pellestrina vengono fatte richieste di tipo diverso, fatta di poco decentramento di uffici e di molte connessioni in tempo reale con il centro. Si chiede inoltre che le scelte urbanistiche siano partecipate e condivise dalla popolazione e la formulazione di un nuovo piano di sviluppo economico aprendo un dibattito che coinvolga l’isola dal basso e che parta dalla realtà locale.
      «La nostra municipalità - proseguono i portavoce - dovrà avere competenze specifiche per quanto riguarda complessivamente la gestione del territorio e dei servizi pubblici, garantendo la presenza in isola di almeno un funzionario a tempo pieno, che abbia competenze per i lavori pubblici, per la ordinaria e straordinaria manutenzione e per il controllo dei lavori strutturali in corso. La nostra municipalità dovrà avere deleghe relative a politiche culturali, educative, sportive e ricreative e . attribuire deleghe chiare e precise per quanto riguarda le politiche ambientali, in quanto riferite a un territorio che ha subito e sta subendo uno stravolgimento epocale a causa dei lavori in corso da 20 anni e che continueranno per altri 20».

Guerra delle "dighette", il Gral propone una tregua

L’assessore provinciale Solimini difende l’attività dell’organismo: «Dobbiamo tener conto di tutti i soggetti, non solo di Chioggia»

Il consorzio ha congelato fino a lunedì l’attività di raccolta delle vongole concessa ai pescatori di Pellestrina

 

Chioggia
      Se non è un dietrofront, ci assomiglia molto. È stata infatti "congelata" fino a lunedì l’attività nelle concessioni per l’allevamento nell’area delle “dighette” rilasciate da pochi giorni ad allevatori di Pellestrina. Il provvedimento ha provocato una ferma presa di posizione da parte del Comune, reazione che l’assessore provinciale alla Pesca Luigi Solimini definisce senza mezzi termini «partigiana e pertanto non del tutto razionale».
      La decisione di bloccare per qualche giorno l’attività nelle nuove concessioni delle “dighette” è stata assunta ieri in vista, ha preannunciato l’assessore Solimini, dell’assemblea che si terrà nella sede del Gral lunedì prossimo.
      «Tutti i soci del Gral e le rappresentanze dei produttori insieme al Consiglio d’aministrazione della società consortile – anticipa l’assessore provinciale - affronteranno il problema complessivo dell’area delle “dighette” in modo da disciplinarne l’uso e delineare un progetto nel quale le parti possano trovare un utile punto di contatto».
      Una decisione, quella del blocco sia pure temporaneo dell’attività di allevamento e dell’apertura di un tavolo di trattativa, che accoglie almeno in parte le richieste del Comune di Chioggia, espresse dal sindaco Romano Tiozzo (con la lettera riportata qui a fianco) e dall’assessore comunale alla Pesca Nicola Boscolo Pecchie.
      L’”attacco” al Gral da parte del Comune di Chioggia, secondo l’assessore provinciale Solimini, è caratterizzato da un «evidente spirito di parte». Mi rendo conto – ammette l’assessore provinciale alla Pesca - che cura prevalente di un pubblico amministratore sia la difesa del suo territorio e degli interessi, anche economici espressi dagli imprenditori locali». Se questo è un punto fermo, propone Solimini, «altrettanto indubbio è che una società consortile come il Gral debba, nelle decisioni che via via prende, avere davanti gli interessi dell’intero settore che le è stato affidato». Per uscire dal generico, «noi – dice Solimini - non possiamo pensare solo agli interessi o alle richieste degli operatori-allevatori di Chioggia, per quanto importanti queste siano. Dobbiamo aver presenti anche la situazione, i bisogni, i problemi di quelli di Pellestrina e San Pietro, del Cavallino o di Burano, tutti ugualmente importanti, al di là della consistenza numerica, per lo sviluppo della molluschicoltura lagunare».
      Giorgio Boscolo

Dighette a Pellestrina, è rivolta contro il Gral

Giovedì 26 Marzo 2009

 

L’assessore Pecchie non usa mezzi termini «È un atto di guerra». E se non si farà dietro-front verrà chiesta la testa del direttore Chiaia

La concessione delle riserve di semina ai pescatori isolani fa scattare la protesta dell’Amministrazione

 

Chioggia
      «Il Gral ci dichiara guerra e contro la guerra non resta che la difesa». Questo il commento dell’assessore comunale alla Pesca, Nicola Boscolo Pecchie, dopo l’annuncio dato ieri pomeriggio dal sindaco Romano Tiozzo in Consiglio comunale del rilascio di alcune concessioni da parte del Gral ad allevatori di Pellestrina, concessioni individuate nell’area delle "dighette", strategica per il materiale da semina.
      La notizia ha fatto immediatamente il giro della città. In aula consiliare sono arrivati quasi subito numerosi allevatori, che hanno annunciato il proposito di presenziare, questa mattina, ai lavori del Consiglio d’amministrazione del Gral. E se la base si muove, il Comune di Chioggia non sta certo fermo.
      «Contro un atto di guerra – spiega l’assessore alla Pesca - è possibile solo una risposta adeguata, visto che il tempo di porgere l’altra guancia è finito da un pezzo. Noi chiediamo l’immediato ritiro del provvedimento, il primo assunto tra l’altro sotto la presidenza Basso. In subordine, il Comune di Chioggia chiede le dimissioni del direttore generale, Giuseppe Chiaia, o il commissariamento del Gral. Non dovesse realizzarsi alcuno di tali obiettivi, come Comune di Chioggia, che rappresenta tra l’altro il maggior numero degli allevatori e raccoglitori di molluschi della laguna, usciremo dal Gral, visto che la nostra presenza da lorsignori viene valutata meno di nulla».
      Non viene nascosta dagli addetti ai lavori la sorpresa per la decisione del Gral dopo che proprio l’Amministrazione comunale chioggiotta aveva nelle scorse settimane formulato tutta una serie di emendamenti per il Piano di adeguamento della molluschicoltura lagunare, suggerimenti accolti e inseriti nel Piano stesso e riguardanti l’attrezzo di pesca, la semina, il canone di concessione.
      «È vero – ammette l’assessore Boscolo Pecchie - che il nostro emendamento riguardante le prime concessioni sulle “dighette” è stato respinto. Ma da quello ad arrivare addirittura a nuove concessioni ce ne passa». Il clima tra gli allevatori è acceso. La tensione è tangibile, complice anche la difficoltà di collocare in modo adeguato il prodotto. Il mercato continua da mesi a deprimere il prezzo dei "caparossoi" provenienti dagli allevamenti e quindi di primissima qualità e di pezzatura considerevole.
      Giorgio Boscolo

 

Cantieri De Poli, riapertura più lontana

Giovedì 26 Marzo 2009

 

L’8 maggio prossimo verrà discussa in tribunale l’ipotesi di concordato preventivo. Ore di angoscia per i dipendenti ormai senza lavoro

 

(L.M.) Si allontana sempre più la riapertura dei cantieri navali “De Poli” a Pellestrina. La chiusura dell’azienda, che per decenni ha dato lustro a Pellestrina e lavoro ad una novantina di operai, rischia di non riaprire più i battenti. L’8 maggio prossimo verrà discussa, in tribunale, l’ipotesi di concordato preventivo con i fornitori, ma la questione è complessa. All’orizzonte non si intravede nulla di buono. Tanto che, diversi lavoratori dipendenti di alcune ditte che gestiscono servizi all’interno dello stesso cantiere, sono stati già preavvertiti che l’azienda difficilmente riaprirà i battenti con la produzione. Molti lavoratori, di ditte e cooperative, sono stati già dirottati in altre strutture, entro fine mese anche gli ultimi addetti alla sorveglianza dovrebbero abbandonare il cantiere che rimarrà presidiato da un custode.
      E ora tutto è nelle mani del commissario giudiziale Emilio Borrella che dovrà stabilire, una volta terminata l’istruttoria, con che tempi e in quali modi verranno risarciti i creditori. Mentre gli stessi operai, da dicembre, devono ancora ricevere la cassa integrazione, è rimbalzata anche la notizia che le ultime due navi, in fase di elaborazione, potrebbero essere completate altrove. alcuni operai e maestranze, qualora dopo l’8 maggio la situazione risultasse definitivamente compromessa, potrebbero essere assunti nei cantieri del Mose, da parte del Consorzio Venezia Nuova, mantenendo così almeno una funzione occupazionale dell’isola di Pellestrina. L’idea lanciata, poco prima di Natale, dal presidente della Municipalità Giovanni Gusso sta facendo, grazie alla disponibilità del presidente del Consorzio, Giovanni Mazzacurati concreti e veloci passi in avanti, proprio per non far sì che anche quest’ultima speranza per i lavoratori rischi di svanire nel nulla.

martedì 24 marzo 2009

«I genitori di Igor speronarono D’Este»

Il pm Gava è convinto: papà e mamma di Vignotto a processo per aver urtato la barca dell’eterno rivale

 

Saranno processati il prossimo 8 luglio con l’accusa di naufragio e lesioni personali per aver volutamente speronato il pupparino di Giancarlo D’Este e Ivo Redolfi Tezzat nel corso della regata di Pellestrina dell’agosto 2007.
      Bruno Vignotto, 66 anni, e Anna Maria Zanella, 61 anni, rispettivamente padre e madre di Igor Vignotto, hanno chiesto di essere giudicati con rito abbreviato e il giudice per l’udienza preliminare Giuliana Galasso ha fissato la discussione del caso per l’estate. A chiedere il loro rinvio a giudizio è stato il sostituto procuratore Giorgio Gava il quale, a conclusione delle indagini sull’episodio, si è convinto che il motoscafo condotto da Bruno Vignotto urtò volutamente l’imbarcazione dei due campioni del remo, facendo volare in acqua Tezzat. A raccontarlo sono stati alcuni testimoni, i quali hanno riferito agli investigatori che sarebbe stata la signora Zanella ad istigare il marito allo speronamento, dopo che tra i componenti delle due imbarcazioni, incrociatesi nel tratto di laguna di fronte a Pellestrina, erano volati pesanti insulti. Quel giorno si erano vissuti di grande tensione durante la regata, culminata nella squalifica della coppia SuperD’Este-Tezzat, ritenuti colpevoli di aver ostacolato in maniera irregolare il pupparino dei cugini Vignotto, Igor e Rudy.
      Nell’udienza di ieri mattina D’Este e Tezzat si sono costituiti parte civile con l’avvocato Maurizio Visconti, con l’obiettivo di ottenere il risarcimento dei danni subiti. Tezzat raccontò di essere stato sfiorato dall’elica del motoscafo di Bruno Vignotto mentre si trovava in acqua, e dopo essere stato tratto in salvo fu portato in ospedale: l’ancora lo colpì sullo sterno, provocandogli una frattura.
      Il difensore dei due imputati, l’avvocato Francesco Schioppa, ha prodotto al giudice una consulenza dell’ingegner Massimo Magrini che fornisce una diversa ricostruzione dei fatti: secondo il tecnico, infatti, il motoscafo di Vignotto si sarebbe avvicinato lateralmente al pupparino dei campioni del remo, colpendolo senza volerlo su un lato, forse a causa di un’onda. Versione confermata da alcuni testimoni ascoltati dalla stessa difesa, le cui deposizioni sono state consegnate al gup.
      Nei giorni scorsi la Procura di Venezia ha chiuso le indagini in relazione ad un altro episodio che dimostra le forti tensioni vissute dal mondo della voga: Igor Vignotto è accusato di ingiurie e minacce a pubblico ufficiale per una telefonata ricevuta nel dicembre del 2007 dal responsabile dell’ufficio regate del Comune di Venezia, Ferruccio Kleut: «Non occuparti più delle regate, impiegatuccio da quattro soldi altrimenti finirai il resto dei tuoi giorni in sedia a rotelle».

Domani i funerali di don Rosolino Scarpa. Per 21 anni fu delegato a Torcello

 

Domenica scorsa è morto a Venezia monsignor Rosolino Scarpa, a causa del complicarsi dei problemi al cuore che lo affliggevano da qualche tempo.
      Don Rosolino aveva 89 anni, era infatti nato a Pellestrina (Venezia) il giorno di Natale del 1919. Fu ordinato prete nel giugno 1943 dall’allora Patriarca cardinale Piazza. Nei primi anni del suo ministero sacerdotale - durato quasi 66 anni - è stato vicario parrocchiale prima a Burano (dal 1943 al 1947) e poi ai Gesuati (dal 1947 al 1952). Divenne quindi parroco, sempre a Venezia, a San Nicolò dei Mendicoli dove rimase per ben 33 anni (dal 1953 al 1986) come guida pastorale della comunità. Nel 1986 fu nominato canonico onorario del Capitolo di San Marco e delegato patriarcale per le chiese di Santa Maria Assunta e Santa Fosca a Torcello: durante questo incarico, che mantenne fino al 2007, ha potuto inoltre coltivare la sua grande passione per la storia e le origini della città di Venezia. Per una coincidenza, tra l’altro, monsignor Scarpa riceverà l’estremo saluto proprio nel giorno esatto in cui, tradizionalmente, si ricorda il “dies natalis” di Venezia. I suoi funerali saranno infatti celebrati domani alle 10.30, nella chiesa parrocchiale di San Nicolò dei Mendicoli. Presiederà il Patriarca emerito cardinale Marco Cè e sarà presente il vescovo ausiliare monsignor Beniamino Pizziol.

domenica 22 marzo 2009

Derubato dalla donna delle pulizie

Una trentaduenne è stata arrestata dai carabinieri dopo le ripetute segnalazioni di un uomo

 

Derubato costantemente dalla donna delle pulizie fino a quando i carabinieri non sono riusciti ad incastrarla.
      Giorno dopo giorno a un uomo di mezza età di Pellestrina erano spariti sotto il naso circa 7mila euro. Soldi volatilizzatisi senza una spiegazione dato che in casa sulle finestre e sulle serrature delle porte non c’era mai stato segno di effrazione. Non gli è rimasto altro da fare che sporgere denuncia ai militari della stazione locale e sperare che, almeno loro, potessero risolvere il mistero.
      Messisi subito al lavoro, hanno verificato chi potesse avere accesso alle stanze della casa oltre allo stesso proprietario e così i sospetti si sono concentrati sulla donna che ogni tanto si recava nell’abitazione per effettuare delle pulizie di routine.
      Da quando infatti Martina Zennaro, 32enne anch’essa residente a Pellestrina, aveva cominciato a lavorare lì, tra febbraio e marzo erano spariti ben 7mila euro e, coincidenza, gli ammanchi si verificavano proprio nei giorni in cui la donna era di servizio.
      Convinti ormai che fosse lei la responsabili i carabinieri hanno fatto scattare una trappola.
      Hanno fotocopiato tutte le banconote presenti in una scatola di legno da dove nei mesi scorsi erano già spariti diversi soldi e che il proprietario era solito custodire all’interno di un armadio della camera da letto. E la trappola ha decisamente funzionato.
      Venerdì infatti la donna, come di consueto, si è recata per effettuare le pulizie presso l’abitazione e, al termine del servizio, è stata fermata all’uscita dai carabinieri che l’hanno sottoposta a perquisizione. In tasca aveva 300 euro in contanti le cui banconote erano proprio uguali a quelle precedentemente fotocopiate dai carabinieri.
      A questo punto è scattata la perquisizione nell’abitazione della donna, dove i militari hanno trovato addirittura 17mila euro in contanti, parte dei quali sono stati sequestrati in quanto ritenuti il provente dei furti messi a segno nell’abitazione dove lavorava. Martina Zennaro, colta in flagrante, non ha potuto evitare l’arresto per furto in abitazione aggravato continuato.
      Per il signore di Pellestrina invece la certezza che presto riavrà i suoi soldi e, probabilmente, una nuova donna delle pulizie.
      Marco Biolcati

In fiamme discarica abusiva a Portosecco

 

Un incendio di modeste proporzioni, è divampato ieri alle 12, in un’area incolta a fianco della strada comunale di Pellestrina in località Portosecco. Le fiamme si sono diffuse in un’area di circa 300 metri quadrati: a prendere fuoco è stata una notevole quantità di sterpaglie. L’incendio è scaturito a circa una decina di metri di distanza da una centralina del gas e quindi in una zona molto pericolosa. Fortunatamente, però, un residente di passaggio ha notato la scena e ha quindi dato tempestivamente l’allarme al “115”. Sul posto sono così intervenuti, oltre ai vigili del fuoco, anche i volontari della “Protezione Civile”. L’incendio è stato domato in pochi minuti e la zona è stata messa in sicurezza. Tramite i rilievi è stato accertato che nell’area andata a fuoco vi era una discarica abusiva di materiali edili abbandonati.

venerdì 20 marzo 2009

«Impegnati nel rilancio dell’isola»

La Municipalità replica all’inchiesta del Gazzettino. De Poli, ordine del giorno della Provincia

 

«I problemi ci sono, ma come Municipalità stiamo lavorando per affrontarli e risolverli». Il presidente della Municipalità, Giovanni Gusso, risponde alle lamentele che arrivano dall’isola di Pellestrina raccolte nell’inchiesta de Il Gazzettino pubblicata ieri. Gusso ammette le difficoltà soprattutto sul fronte dell’occupazione, ma non vede un quadro così “nero”. «Su tutte le problematiche che sono state segnalate dalla popolazione siamo al lavoro già da tempo – spiega il presidente della Municipalità – e abbiamo raggiunto anche alcuni risultati importanti. Ciò che non mi sento di condividere, invece, è questa concezione della Municipalità. Si tratta di interventi che, evidentemente, nascono da un preciso presupposto: la municipalità non è riconosciuta come un’istituzione positiva nel territorio. E allora, se si trova qualcuno di più bravo o qualcosa di migliore, ben venga. Si facciano avanti». Gusso annuncia che martedì pomeriggio ci sarà alle 14.30 un incontro, già fissato da tempo, pianificato con l’assessorato alle attività produttive Ca’ Farsetti. «Incontreremo gli operatori economici per vedere se possibile attraverso la legge Bersani, destinare dei finanziamenti alle attività dell’isola affinché si possano rilanciare con investimenti “ad hoc”. La legge lo prevede per le zone classificate come a “desertificazione commerciale”, l’isola di Pellestrina potrebbe rientrare in questo ambito». Sul futuro dell’isola Gusso ha pochi dubbi. «Va incentivato il turismo di nicchia che può essere compatibile con la configurazione dell’isola». Il primo problema è sicuramente quello della perdita dei posti di lavoro. «Sicuramente – insiste Giovanni Gusso – la crisi dei cantieri navali De Poli è argomento molto complesso che non si può riassumere in due parole. Gli operai in cassa integrazione sono legati all’azienda. Ma c’è stato già l’impegno del Consorzio “Venezia Nuova” ad assumere maestranze per i lavori del Mose, proprio da eventuali disoccupati rimasti senza lavoro. Per cui questa è già una prima garanzia». Infine arrivano altre risposte ai problemi concreti. «Per la spiaggia stiamo vedendo se sia possibile studiare un affidamento temporaneo, anche in assenza di un Piano degli arenili, sull’aspetto di pulizia dell’arenile sono state predisposte tutte le richieste a chi di competenza per intervenire».
      E ieri sera il consiglio provinciale ha approvato all'unanimità l'ordine del giorno presentato da Gianni Sopradassi (Fi), presidente della commissione Attività produttive inerente la crisi dei cantieri “De Poli” a Pellestrina. Il pronunciamento del Consiglio, peraltro già votato in commissione, esprime sostegno e solidarietà ai lavoratori dei cantieri navali De Poli. Sopradassi ha chiesto a tutti gli enti locali lo stesso impegno per Pelletrina, già profuso in occasione delle analoghe questioni, come Ineos e Sirma.

giovedì 19 marzo 2009

Pellestrina, l’isola dove non c’è più lavoro

La chiusura dei cantieri De Poli e la crisi della pesca alimentano malessere e preoccupazione tra i 4 mila residenti

 

Il paesaggio è, come al solito, da cartolina: la fila di pescherecci all’ormeggio, il sole che si specchia sull’acqua, le casette basse e colorate. Ma le facce della gente, a spasso per il lungolaguna, sono scure. Pellestrina sta male, e si vede. «Fino a tre anni fa, chi veniva qui mi invidiava. E io mi sentivo in paradiso - racconta Manuel Scarpa, 28 anni, presidente della Caneva, una delle tante cooperative di pescatori in affanno - Ora mi sento come allo zoo: non c’è lavoro e qui faccio l’indigeno per chi passa. L’isola non ha più un senso. Pellestrina è finita».
      Una testimonianza tra le tante in un’isola piena di orgoglio e amarezza per un’identità che va perdendosi. Basta una passeggiata tra i pescatori in difficoltà, o tra gli operai dei cantieri De Poli ritrovatisi, all’improvviso, senza lavoro, per toccare con mano questo malessere diffuso. Malessere molto isolano di chi, soprattutto, si sento non capito da quelli che vengono da fuori: che siano della Municipalità («si occupano solo del Lido»), piuttosto che di Insula («ci lasciano con i cantieri aperti»), del Gral («stanno distruggendo la nostra pesca») o del Magistrato alle acque («hanno fatto una spiaggia che se ne sta già andando»). Umori neri, conditi dalle immancabili imprecazioni contro i politici e da tanta voglia di fare da soli.
      IL LAVORO CHE NON C’È - «Le pesca non va, il cantiere ha chiuso. E la gente non compra più. Non vendo nemmeno un quarto delle sigarette di due mesi fa». La signora Dea, titolare del bar di piazzale Zendrini, ha poco lavoro e tanta rabbia. «Colpa di questi p... politici» conclude. Un buon inizio per questo giro di Pellestrina, con i suoi 4 mila abitanti, poco più, e il suo mondo a parte dai ritmi lenti. Che ora, però, si sono fermati. Fin troppo. Pescatori e lavoratori della De Poli, questi erano i clienti della signora Dea. Ed ecco spiegate le sigarette invendute, ma anche i gelati o lo spritz che nessuno sembra più potersi permettere.
      Il tracollo è arrivato due mesi fa, appunto, con l’improvvisa chiusura del cantiere: 100 persone a casa, più i 200, 300 "foresti" (per lo più stranieri) degli appalti. Il come è finita brucia ancora agli operai De Poli, spesso figli di operai, per cui il cantiere era molto di più di un posto di lavoro. «Siamo senza soldi da dicembre e pure prigionieri dei De Poli - accusa Tucidide Busetto, il Cide, figura di riferimento della vecchia Rsu - Non ci danno la mobilità, che ci faciliterebbe a trovare una nuova occupazione, magari con il Consorzio Venezia Nuova per i cantieri del Mose. Avevamo anche chiesto che i pochi posti rimasti fossero messi a rotazione. Invece no: a lavorare restano gli stessi, che sono per lo più della famiglia De Poli». «E intanto io non ho i soldi con cui pagare i buoni pasto dei miei figli» sbotta un altro operaio. Il vecchio senso d’appartenenza al cantiere ha lasciato il posto solo alla rabbia.
      LA PESCA IN MEZZO AL GUADO - Se la crisi del cantiere navale è esplosa all’improvviso, quella della pesca è storia annosa. «Sono state colpite le colonne portanti di Pellestrina - sintetizza Domenico Gorin, presidente della delegazione di zona della municipalità, oltre che presidente della cooperativa pescatori Pellestrina - E l’allevamento, senza pesca, non ha futuro».
      Su questo punto le opinioni divergono. Manuel Scarpa, il giovane presidente della Cavana, è convinto che sia possibile vivere anche con l’allevamento, ma a condizioni diverse, più favorevoli per i pescatori: «Il Gral ha le aree dal Magistrato alle acque per 36 euro all’ettaro e a noi ce le gira per a 380! É davvero troppo. Così non tiriamo avanti». «La colpa è del Gral - concorda anche Aldo Marmi, presidente della cooperativa San Pietro in Volta -. Se vogliamo essere concorrenziali con gli altri allevatori, non possiamo sostenere queste spese. I pescatori sono allo stremo e tornano ad arrangiarsi».
      La solita vecchia piaga dell’abusivismo: i barchini che escono nella notte, la razzia di vongole proibite, gli inseguimenti con le forze dell’ordine. É della settimana scorsa il caso dell’"abusivo" che si è gettato in acqua per sfuggire ad un controllo. Che qui in isola viene riferito più con comprensione, che stigmatizzato: «Che doveva fare? Ha rischiato di morire di freddo. Era disperato...».
      L’ISOLA FINITA - É il tormentone del che cosa fare a (e di) Pellestrina. «Che possono fare qui i giovani? - si chiede un pescatore in pensione - Niente. E infatti se ne vanno a Cavallino. Negli ultimi mesi cinque case sono state messe all’asta dalle banche, tutte di coppie giovani che non riuscivano più a pagare il mutuo». Un paio di cartelli "vendesi" campeggiano proprio in piazzale Zendrini, l’eterno cantiere, che in isola sta diventando un altro simbolo dell’abbandono in cui si sente lasciata Pellestrina. Insula lo ha aperto un anno fa, doveva chiudere a giugno 2008, ora si spera in dicembre 2009. «Hanno disfatto la nostra isola e ci lasciano nel fango - s’indigna Olinto Scarpa, il presidente del gruppo anziani Marella - Vengono a lavorare tre, quattro giorni, poi spariscono. Non è così che si fa funzionare un cantiere...». A pochi metri di distanza, sulla strada, c’è la fila delle pensiline per gli autobus. Altro motivo di arrabbiatura per i pellestrinotti. «Le hanno montate storte, per come tira il vento qui - spiega Mario Sambo, dell’associazione "Tra mare e laguna" -. Così, quando piove, non servono a nulla. Ecco come lavorano per Pellestrina».
      IL TURISMO QUESTO SCONOSCIUTO - Altri quattro passi. E siamo in spiaggia. Ha dodici anni, non è ancora attrezzata. Un po’ di sabbia se n’è andata, mentre le "scoasse" del mare abbondano. «E pure le pantegane - racconta Antonietta Busetto, a Milano studentessa, a Pellestrina presidente dell’associazione "Tra mare e laguna" - Non pretendiamo di avere il Lido, ma questa situazione è indecente. Chiediamo solo un po’ di manutenzione...». E pensare che quei 12 chilometri di sabbia, «gli unici non sfruttati da Triste a Ravenna, potrebbero essere il futuro dell’isola»: Emilio Ballarin, già presidente del vecchio Consiglio di quartiere di Pellestrina, ne è sempre più convinto. «Oggi in isola c’è un’insicurezza complessiva - osserva - perché non è stata trovata nessuna alternativa a quelle che erano le attività portanti, nessun progetto di sviluppo. Il modello turistico è sempre stato rifiutato da Pellestrina, per la sua stessa mentalità. Ma ora sarebbe il momento di provarci, magari puntando su un turismo diverso, non di massa. Anche perché il rischio, con questa spiaggia, è di ritrovarci solo il peggio del turismo mordi e fuggi». Si vedrà.
      MOSE, MA CON CHI - Intanto chi arriverà, a breve, sono gli operai per i cantieri del Mose. A Santa Maria del Mare quelli del Consorzio Venezia Nuova sono già al lavoro per creare il contestato villaggio da 400 posti, destinati appunto a chi dovrà realizzazione i cassoni. «Non vogliamo che vengano solo stranieri - avverte Alessandro Scarpa Marta, uno dei pellestrinotti che siede in Municipalità al Lido -. Prima bisogna dare un posto ai nostri compaesani, poi agli stranieri. Il rapporto deve essere almeno di metà e metà...». Marta è arrabbiato: «Basta decisioni che ci piovono dall’alto, per il Mose come per resto. Pellestrina ha bisogno di una sua rappresentanza.
      STARE DA SOLI - Ecco il filo conduttore di tanti malumori. «La situazione è precipitata da quando non abbiamo più un nostro quartiere - sostiene Antonietta Busetto - ma siamo insieme alla Municipalità del Lido». «I miei colleghi del Lido sono ottime persone - le fa eco il consigliere Scarpa Marta -, ma non possono capire Pellestrina e i suoi problemi, siamo un altro mondo». Ed ecco allora anche questo nuovo gruppo "Pellestrina c’è" che sta raccogliendo consensi trasversali per ridare all’isola una sua istituzione rappresentativa, sempre sotto Venezia. Tanti consensi, ma pure qualche dissenso. «Tutti parlano di questa autonomia. Ma non è chiaro di che cosa si stia parlando, né che cosa voglia questo gruppo - osserva Piero Scarpa, consigliere di Municipalità non pentito - Un consiglio di quartiere non avrebbe senso, un’altra Municipalità non ce la daranno mai. L’alternativa non detta sarebbe quella di passare con Chioggia. Ma sarebbe una forzatura». Che qualcuno, però, forse sta già accarezzando.
      Roberta Brunetti

Undici chilometri di spiaggia guardati con sospetto, ma per il Consorzio Venezia nuova è un successo

 

(r. br.) I vecchi pescatori in riva al mare la guardano ancora con sospetto. «L'hanno fatta per Venezia, mica per noi pellestrinotti. E il mare se la sta già portanto via». Ma per gli esperti del Magistrato alle acque quella spiaggia è, al contrario, un'opera di difesa di grande successo. «Un esempio a livello internazionale», sottolinea Giovanni Cecconi, il responsabile del servizio di ingegneria del Consorzio Venezia Nuova che da anni si sta occupando di questa battigia creata dal nulla per difendere Pellestrina e la laguna dal mare. 11 anni di vita; 11 chilometri di spiaggia; 17 pennelli e davanti, a ulteriore protezione, una serie di barriere sommerse. Per crearla ci sono voluti 4 milioni di metri cubi di sabbia prelevati al largo in modo da evitare lo scivolamento in mare della spiaggia. «E infatti, in tutti questi anni, abbiamo perso solo il 5 per cento della sabbia - sottolinea ancora l'ingegner Cecconi - È davvero un'opera riuscita».
      Eppure molti a Pellestrina ne lamentano l'erosione e chiedono un ripascimento. «In realtà la sabbia non se n'è andata, ma si è formata una spiaggia sommersa - spiega Cecconi - Questo perché il sistema delle celle, formate da pennelli e barriere, sta funzionando benissimo. Ora sarà l'onda lunga dell'estate a riportare la sabbia a riva. Qualcosa, in effetti, si perde nelle celle più a sud, a vantaggio di quelle a nord. Ma una ricarica di sabbia, fino a questo momento, non è stata necessaria. Bastano piccoli spostamenti tra nord e sud, appunto».
      La vera incognita resta, piuttosto, la gestione di questa battigia, finora formalmente trattata alla stregua di un cantiere. Con quest'anno, però, finisce la gestione del Magistrato alle acque, la spiaggia passa al Comune che dovrà ripulirla (e ce n'è un gran bisogno, dopo le mareggiate invernali) e renderla fruibile, anche formalmente. Passaggio non da poco, da cui dipende un pezzo del futuro stesso dell'isola.

lunedì 16 marzo 2009

Pellestrina, un omaggio alla "regina" del remo

 

Re del remo: un titolo prestigioso conquistato solo dai più grandi regatanti. Ma Regina del remo può definirsi l'intera isola di Pellestrina, che, con Burano, è stata la fucina dei grandi campioni, regalando alle competizioni remiere centinaia di regatanti. Non a caso, costituito il Palio delle Repubbliche marinare, l'equipaggio del galeone veneziano venne formato per 6 anni consecutivi solo da pellestrinotti. Una scuola, dunque, della quale ancora Palmiro e Bepi Fongher sono i grandi rappresentanti; con loro l'amico Sergio Tagliapietra “Ciaci”, buranello d'origine ma pellestrinotto di residenza e d'adozione.
      Ora, l'associazione remiera Pellestrina ha inteso rendere omaggio a tutti i compaesani che, negli ultimi 50 anni, siano entrati in ruolo con i gondolini nella Regata Storica e a quanti, uomini e donne, abbiano colto la bandiera nelle diverse categorie: giovanissimi, donne e caorline. Così è nato un comitato ad hoc per la manifestazione, che ha individuato per sabato 11 luglio la data della grande festa. A capo del gruppo ci sono Giannantonio Gavagnin e Giovanni Scalabrin; presidente d'onore Aldo Rosso, alla guida dell'ente Gondola. Un'impresa non facile, tra organizzazione, prassi burocratiche, allestimenti, reperimento fondi e ricerca di quanti sono andati ad abitare altrove.
      I regatanti dal 1958 al 2008 (per ora ne sono stati contati 95) verranno premiati con una medaglia d'oro, mentre una targa con i nomi di coloro che “hanno vogato avanti” verrà affissa in un luogo prestigioso dell'isola dopo la celebrazione eucaristica. Sarà una giornata memorabile, perché l'isola intera si stringerà attorno ai suoi vecchi e giovani regatanti, ricordando e rinnovando il profondo legame fra il territorio, la storia del remo e la laguna.
      Tullio Cardona

venerdì 13 marzo 2009

Case pignorate. I De Poli ricorrono

 

(L.M.) È stato presentato ieri mattina, dai legali della De Poli davanti al tribunale di Rovigo sezione staccata di Adria (lo stesso foro che ha decretato il sequestro con pignoramento) il ricorso della De Poli contro l’istanza di sequestro e pignoramento di alcuni beni immobili della famiglia De Poli, nella vicenda della crisi dei cantieri di Pellestrina. Prosegue, a colpi di carte bollate, la vicenda della crisi ai cantieri navali “De Poli” di Pellestrina. Novantasei dipendenti hanno perso il posto di lavoro, è stato decretato lo “stato di crisi”. L’intera vicenda è però nelle mani del commissario giudiziale, Emilio Borrella, nominato ufficialmente. Sarà lui a dover stabilire la prassi per liquidare i creditori, definendo tempi e modi. Come noto, intanto però, un’azienda di Chioggia ha ottenuto il pignoramento di alcune proprietà personali della famiglia De Poli (case a Pellestrina, Chioggia e Asiago) al fine di ottenere il risarcimento di un credito, maturato per alcune forniture e servizi non ancora saldati. Una mossa che l’azienda ha fatto con l’obiettivo di passare rapidamente all’incasso, ma probabilmente non sarà così e i tempi saranno più lunghi. Non appena notificato il provvedimento di pignoramento degli immobili personali dei De Poli, consultati gli avvocati, è stata subito posta opposizione. «Ci attendiamo che il nostro ricorso al provvedimento venga accolto già nelle prossime ore – spiegano dai cantieri navali – si tratta di una decisione che non ha alcun parere legale. Lo avrebbe avuto se non fosse in corso lo stato di crisi. Tutto, invece, dovrà ricadere in questo contesto, quindi il pignoramento chiesto e ottenuto non ha alcun senso. Tutto è nelle mani di Borrella che è al lavoro, non può esserci nessun tipo di scavalcamento». Intanto, però, tra i lavoratori continua a montare la preoccupazione e la rabbia per la perdita del proprio posto di lavoro. Non si sa in che modo l’attività potrà ripartire e a maggio è fissata l’udienza con i vari creditori.

Un creditore dei cantieri si rivolge al Tribunale, pignorati alcuni beni immobili dei Dei Poli

 

Pignoramento per alcuni beni immobili della famiglia De Poli. Si apre un altro capitolo nella vicenda che riguarda la crisi dei cantieri navali di Pellestrina. Un’azienda di Chioggia, creditrice nei confronti dei cantieri per alcuni servizi non pagati, ha infatti chiesto ed ottenuto dal giudice il sequestro con pignoramento di alcune case di proprietà della famiglia De Poli. Il credito rivendicato ammonta ad alcune centinaia di migliaia di euro. Per questo motivo sono state pignorate alcune case a Pellestrina, Chioggia e una residenza in montagna che appartengono ai titolari dell’azienda.
      Il provvedimento è stato notificato ai De Poli che hanno già dato incarico ai propri legali di impugnare il provvedimento. Oggi stesso verrà presentato il ricorso che i cantieri di Pellestrina sono convinti di vincere. «È vero, sono stati posti sotto sequestro alcuni beni dei De Poli - riferiscono dall’azienda - ma si tratta di un provvedimento che, a nostro avviso, non ha alcun valore legale. Il motivo è semplice: c’è un giudice straordinario, nominato dal tribunale che sta seguendo l’intera vicenda. Qualsiasi provvedimento, quindi, deve passare attraverso una sua decisione che deve essere eventualmente presa esaminando la situazione generale. Nessun altro provvedimento può essere emesso da un giudice che è completamente estraneo dalla vicenda. Sarà poi direttamente Boreale a dover valutare cosa fare anche con questa richiesta di risarcimento e decidere in che modo risarcire gli eventuali creditori. Domani (oggi, ndr.) presenteremo un ricorso».
      Quest’ultima vicenda si colloca in una fase particolarmente critica dei cantieri navali di Pellestrina. L’azienda è però fiduciosa di poter risolvere la situazione.
      Lorenzo Mayer

martedì 10 marzo 2009

De Poli, sette richieste di rinvio a giudizio

Chiusa l’inchiesta sull’incidente che costò la vita ad un operaio dipendente dei cantieri navali di Pellestrina

 

La procura vuole processare sette persone per l’infortunio sul lavoro che, il 19 maggio del 2007, costò la vita all’operaio romeno di 53 anni Valentin Iancu, in servizio all’interno dei cantieri navali De Poli di Pellestrina.
      La richiesta di rinvio a giudizio, firmata dal pm Gianni Pipeschi, riguarda il presidente della società, Giovanni De Poli e i tre componenti del consiglio d’amministrazione, Davino, Giancarlo e Chiara De Poli; il direttore generale dei cantieri, Massimo Iuris. E ancora Francesco Orlandini, titolare della Cooperativa Costruzioni e saldature navali a.r.l. di Pietra Ligure, la ditta per la quale lavorava la vittima, nonché Ivan Vlasic, l’operaio della ditta Sea, che la mattina dell’incidente si era messo ai comandi della gru che colpì Iancu, facendolo precipitare al suolo. Il capo d’imputazione contesta ai sette, a vario titolo, i reati di omicidio colposo e violazione delle misure di sicurezza: ora spetterà al gup di Venezia il compito di fissare l’udienza preliminare nel corso della quale verrà effettuato il primo vaglio delle accuse.
      L’incidente si verificò in mattinata, attorno alle 10, nel bacino di carenaggio situato all'esterno del cantiere, e destinato alla costruzione della motonave c. 240. Valentin Iancu stava scendendo dalla scala installata per accedere alla nave, quando questa fu colpita da una gru in manovra. L’uomo fu immediatamente soccorso, ma non vi fu nulla da fare.
      Le indagini, effettuate da carabinieri, vigili del fuoco e personale dello Spisal, hanno appurato che, a causa dello scarso spazio a disposizione nel cantiere, la scala di accesso alla nave era stata installata all’interno del raggio d’azione della gru ai cui comandi, quella mattina, non si trovava l’operaio incaricato alle manovre, ma un operaio che non era addetto a quel servizio.
      Pochi mesi prima, il 7 febbraio del 2007, sempre all’interno dei cantieri navali De Poli di Pellestrina si era verificato un altro infortunio mortale in cui perse la vita un quarantasettenne di nazionalità croata, Marijan Panic, dopo una caduta avvenuta da un ponte coperta, da circa sei metri d'altezza. Le indagini su questo infortunio sono ancora in corso, ma la Procura avrebbe concluso che non vi sono responsabilità a carico dell’azienda. Le misure di sicurezza erano infatti rispettate e, stando ai risultati degli accertamenti, sarebbe stato il lavoratore a perdere l’equilibrio per cause non precisate.
      I cantieri navali De Poli stanno attraversando un periodo di forte crisi e, a fronte di un indebitamento di circa 120 milioni di euro, sono stati ammessi dal Tribunale alla procudura di concordato preventivo, al fine di evitare il fallimento. Il piano proposto dal liquidatore della società, Giancarlo Galazzo, prevede la vendita di proprietà e attività finanziaria per realizzare un attivo di 33 milioni, sufficienti a soddisfare tutti i creditori privilegiati e una parte di quelli chirografari. L’adunanza dei creditori è stata fissata per il prossimo 8 maggio per dare il proprio gradimento alla proposta dell’azienda.
      Gianluca Amadori

mercoledì 4 marzo 2009

Un documento al sindaco per chiedere lo scorporo dell’isola dalla Municipalità

 

Un documento, da inviare al sindaco, agli assessori, ai consiglieri comunali, al presidente della Municipalità del Lido-Pellestrina, per chiedere lo scorporo dell’isola dalla Municipalità del Lido. E’ questo quanto prodotto e deciso la scorsa sera in un incontro, aperto alla cittadinanza, del gruppo “Pellestrina c’è”. Il lavoro del gruppo trasversale, senza alcuna etichetta politica, sino adesso svolto in incontri, riunioni e dibattiti, si è così concretizzato, forte anche delle 600 firme, a sostegno dell’ipotesi, raccolte in un paio di settimane. Nel documento il gruppo spiega il perché della loro nascita, dovuta “alla constatazione che l’isola di Pellestrina aveva perso la propria rappresentatività e con essa la capacità di essere protagonista nel dibattito comunale. E, nella convinzione che tale rappresentatività doveva essere ripristinata” il gruppo ha chiesto ai suoi concittadini “di condividere un progetto che prevedesse il ritorno dell’isola a una propria rappresentanza istituzionale”. Parola d’ordine per “Pellestrina c’è" è “ottimizzare” ruoli, strutture, competenze. Ci sono proposte che vanno all’affiancamento con strumenti partecipativi, per quanto riguarda la programmazione urbanistica, le attuali strutture degli uffici veneziani, all’ipotesi di formulazione di un nuovo piano di sviluppo economico, aprendo un dibattito che coinvolga l’isola dal basso e che parta dalla realtà locale per risolvere i problemi creati dalla crisi attuale, che investe le attività produttive primarie dell’isola. «Crediamo che la nostra ipotesi - concludono - sia in sintonia con lo sforzo che il Comune sta facendo, anche con progetti come Iris, Millefoglie, per ottimizzare l’uso delle risorse umane, per razionalizzarle, per sviluppare una cultura organizzativa orientata ai risultati».
      Annalisa Busetto

martedì 3 marzo 2009

De Poli, dopo l’incontro in Provincia grido d’allarme degli operai: «Ostaggi del cantiere»

 

«Siamo ostaggi del Cantiere De Poli». E’ un coro unanime, quello degli operai, che si leva contro quella proprietà, quell’azienda, in cui hanno passato parte della loro vita, dopo l’ennesimo tentativo di dare una svolta al periodo di crisi che sta mettendo in ginocchio decine e decine di famiglie di Pellestrina.
      Nulla di fatto ieri nell’incontro tenutosi in Provincia, nell’ufficio del lavoro, tra sindacato Cgil-Fiom, Rsu aziendali, il commissario giudiziale designato dal tribunale Emilio Borella, con il collega, avv.Grandese e il liquidatore dell’azienda Giancarlo Galazzo. Va giù dura la Rsu e i dipendenti, informati immediatamente degli eventi.
      «L’amministratore delegato Galazzo continua a ripetere, come da copione che il cantiere riaprirà, che si tornerà a lavorare, ma non presenta mai un piano di rientro, in cui vi siano spiegate modalità e tempi. Nulla è certo, tutto è ipotizzato».
      E gli operai non ci stanno. «Abbiamo chiesto la mobilità, per avere una qualche possibilità di venire assorbiti da altre aziende, che con noi godrebbero di sgravi fiscali, ma è stato un no secco. A questo punto, ci chiediamo, che dobbiamo fare?».
      Qualcuno va giù duro sul fatto che attualmente in cantiere operano un elettricista, due operai, due impiegati, e tra questi, quattro appartengono alla famiglia De Poli. «Queste persone - dicono - sono stipendiate. Abbiamo chiesto la rotazione, così almeno tutti possono ricevere qualche soldo, ma anche per questo ci è stato risposto di no».
      Immediata la replica dell’azienda, che afferma che “visto che il cantiere è in stato di crisi ma è attivo, anche questo mese ha prodotto 35 buste paga, che non sono complete, ma acconti sullo stipendio. Le 35 persone con acconto sono gli impiegati e il personale amministrativo, che lavora, questo si, a rotazione. Non vi sono operai, poiché le lavorazioni attualmente sono bloccate. Inoltre, nello stato attuale delle cose, ogni decisione riguardante il cantiere, come può essere quella della mobilità, non viene presa dall’amministratore e liquidatore Galazzo, ma dal commissario giudiziale Borella». E i due operai figli della proprietà? «L’amministratore delegato a sua discrezione, sceglie il personale di custodia e sorveglianza, e la sua segreteria». «Inutile replicare a ciò che è più che evidente - ribattono gli operai - noi continuiamo a mantenere la nostra dignità».
      Ma gli animi sono caldi, le menti esasperate, e iniziano a registrarsi i primi atti di vandalismo sulla famiglia: lo scorso sabato notte, è stato distrutto un finestrino dell’auto di Davino De Poli.
      Annalisa Busetto