giovedì 16 febbraio 2012

La trappola di S. Maria del Mare

Le soluzioni proposte, da Autorità Portuale e Sindaco, per allontanare le grandi navi dal bacino di S.Marco non convincono affatto. Innanzi tutto la proposta del porto a S. Maria del Mare appare una trappola: si vuole tacitare la richiesta di un allontanamento definitivo dalla laguna suggerendo una soluzione assai poco praticabile. Per prima cosa la piattaforma di costruzione dei cassoni del Mose dovrà essere demolita come da progetto per cui è già previsto il finanziamento. Qualcuno può obiettare che l’intervento di ripristino ambientale sarà costosissimo e che forse vale la pena pensare ad un suo riutilizzo. Il sospetto è palese vista l’insistenza feroce con cui le autorità competenti hanno insistito per la sua realizzazione. Per questo il Magistrato alle Acque, cioè tutti noi, è stato costretto a stanziare più di 40 milioni di Euro per compensazioni ambientali (a proposito nessuno sa che cosa verrà fatto con quei soldi – perché non c’è trasparenza ?, dov’è il Comune?, dove sono gli ambientalisti?). La seconda questione riguarda l’accessibilità e gli approvvigionamenti: si pensa di dare un servizio a Pellestrina creando un tunnel sotterraneo tra l’isola e il Lido. Ma per i passeggeri e le merci cosa serve l’accesso al Lido, sarebbe solo una tappa intermedia comunque isolata dalla terraferma. A meno che non si pensi anche ad un tunnel tra Lido e Cavallino, ma allora la follia sarebbe completa, pieno stravolgimento del territorio. Ma Sindaco e Autorità Portuale propongono anche una soluzione intermedia che intermedia non sembra proprio: lo scavo di un canale, ora profondo 1,5/2 metri e largo 7/8, trail canale dei petroli a sud di Fusina e la Marittima. Due milioni circa di metri cubi di fango quasi certamente inquinato, per una profondità di 10/11 metri e una larghezza di 80/90 metri, 40/50 milioni di euro di spesa. Pari all’importo delle compensazioni per una nuova distruzione della laguna con esiti prevedibili: partiacque della laguna centrale pericolosamente spostato ai limiti sud della città, diretta penetrazione di immensi volumi d’acqua nel canale della Giudecca con ovvie ripercussioni sulla velocità di marea, fanghi che non si sa dove smaltire (un nuovo Vallone Moranzani? – il canale Vittorio Emanuele è profondo ora circa 3/4 metri e no conterrebbe certo tutti fanghi del Contorta). La sensazione forte è che la soluzione provvisoria sia quella definitiva. Il tutto per mantenere le navi in laguna e per di più in bacino di S.Marco con una sorta di senso unico. Allontanare le navi dalla laguna è la soluzione più sicura e in questo senso la proposta dell’avamporto alla bocca di Lido appare la soluzione più credibile perché sarebbe garantita l’accessibilità per gli approvvigionamenti (da Cavallino) e perché tale soluzione avrebbe il merito di coinvolgere nella rivivificazione sociale ed economica la parte Est di Venezia (Castello, S.Elena, Arsenale, Certosa, Idroscalo ecc…) quella storicamente rivolta al mare. L’altra soluzione, Porto Marghera, con un ragionamento che comunque bisogna fare per mettere in sicurezza idraulica il canale dei petroli e ridurne gli effetti sulla laguna, può avviare un processo di riconversione di Porto Marghera verso forme economiche che coniughi attività produttive e di servizi anche alla persona superando l’attuale stallo industriale. E non si pensi alla cassa di colmata A come va facendo VTP (il gestore del traffico passeggeri per conto del porto) visto che ha già sviluppato incontri co il comune di Mira senza che l’Autorità Portuale abbia mai espresso opinioni di contrarietà. In ogni caso l’allontanamento del porto turistico dalla marittima, insieme a quello già avviato verso Marghera dei traghetti e le autostrade del mare, apre una nuova grande prospettiva per la città: il riutilizzo dei circa 30 ettari tra marittima e S.Basilio, di proprietà pubblica, a fini urbani. Questo aspetto non viene mai sottolineato ed invece a me pare strategico. Una parte, grande, di città collegata con ferrovia e strade alla terraferma, da ripensare funzionalmente e architettonicamente. La città metropolitana potrà così trovare il suo centro, facilmente accessibile e nella sede propria del capoluogo. Il nodo del porto se viene visto solo come strettamente legato alla soluzione di problemi propri, ripropone una miopia tutta veneziana nell’affrontare i nodi dello sviluppo della città. Tutte le grandi città (New York, Londra, Amburgo, Barcellona), hanno allontanato il proprio porto dal centro e rilanciato nelle sue aree lo sviluppo per le generazioni future. Del resto le tappe della localizzazione del porto a Venezia hanno seguito sempre l’itinerario dello spostamento in ragione della modifica della tipologia del naviglio e della quantità e qualità delle merci: da Rialto al Bacino, alla Marittima, a Porto Marghera. Ora si prospetta l’avamporto a mare. Si consideri allora tra le strutture incompatibili con il tessuto storico anche il traffico passeggeri, non per la tipologia dell’utente ma per le navi assolutamente gigantesche.

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