La drammatica testimonianza di Marina Sara Mazzuccato che all’epoca
aveva un bambino di un anno «I pescatori venivano a prenderci nelle
case, ci hanno portato sul ferry e salvato: li ringrazierò sempre»
«Cosa sono quei fogli bianchi?». La
mattina del 4 novembre 1966 Marina Sara Mazzuccato, moglie del
pellestrinotto Attilio Vianello, si affaccia alla finestra del primo
piano della sua casetta di San Pietro in Volta e vede delle forme strane
volare nell’aria. «Ho guardato bene e mi sono accorta che erano i sassi
dei Murazzi, pesanti quintali, che schizzavano ovunque come fogli di
carta» racconta cinquant’anni dopo «Le onde erano altissime con la
cresta bianca, non c’erano più i Murazzi, ma cascate del Niagara che si
riversavano sull’isola».
Negli ultimi giorni la signora ha
ritrovato negli scatolini le foto di suo padre Mario che andò a prendere
la figlia e il nipote Marco il giorno dopo l’«aqua granda» per portarle
a Padova, la sua città natale. Dalla terraferma si era trasferita a
Pellestrina per sposare nel 1964 Attilio. Dalla loro unione sarebbe
nato Marco che il giorno dell’alluvione aveva solo un anno. Marina
comunque le immagini di quelle foto non le ha mai dimenticate, a volte
tornano all’improvviso negli incubi.
Il 4 novembre 1966 Attilio,
proprietario della bottega di alimentari, si sveglia per andare a vedere
in che stato è il negozio. «C’era uno scirocco fortissimo» ricorda «e
la sera prima continuava a piovere, ma tanto. Non c’erano messaggi di
allerta e nemmeno previsioni, quindi pensavamo si trattasse di una
brutta acqua alta». Marina sente dei suoni da parata provenire da fuori.
«Era il giorno dei caduti» riprende Marina «e ho visto sfilare tanti
signori con le bandiere. Sembrava una scena surreale, l’acqua si stava
alzando sempre di più, ma loro proseguivano con la cerimonia».
Attilio
pensa che la moglie sia al sicuro in casa, ma le onde si fanno sempre
più alte fino a quando l’acqua raggiunge quasi il bordo della finestra.
Lei è sola con il figlio Marco. Fuori l’apocalisse, con il mare
impetuoso che s’ingoia la laguna. «I pescatori hanno fatto tantissimo»
ribadisce più volte «senza di loro non so come mi sarei salvata. È
passata una barca che diceva con un altoparlante che bisognava evacuare.
I pescatori venivano a prenderci nelle case e ci portavano sul ferry
boat».
Il problema è che il vento di scirocco soffia ancora e non è
facile per le barche attraccare. «Non pioveva più, ma ogni volta che la
barca si avvicinava alla finestra il vento la spingeva via. Alla fine
sono riuscita a salire lasciando dietro di me ogni cosa, ma quando siamo
arrivati al ferry ho dovuto per montare lasciare mio figlio sulla barca
che poi non riusciva più ad avvicinarsi al ferry da quanto vento c’era,
ero disperata. Poi dopo molti tentativi l’ho riabbracciato e siamo
stati portati al Lido, dove c’è l’imbarcadero per andare a Chioggia».
Lì
la situazione è migliore, ma l’acqua arriva comunque alla cintura degli
uomini. «Quando siamo scesi dal Ferry gli uomini ci hanno presi in
braccio. Non c’era elettricità, né gas, i frigoriferi non funzionavano e
nemmeno le linee telefoniche».
Il giorno dopo il padre parte in
treno da Padova per andare a prendere figlia e nipote al Lido, mentre
Attilio rimane a dare una mano nell’isola. Mario Mazzuccato porta con sé
una macchina fotografica. Gli servirà per documentare il disastro
inimmaginabile che gli si para davanti agli occhi. Venezia è
letteralmente sventrata. Pellestrina mostra le viscere vive. La barriera
di sassi è crollata come un castello di carta.
«Mio figlio
Marco» ricorda «ha imparato quella volta a bere da un bicchiere perché
non c’era niente, non potevamo nemmeno lavarci. Mi sono sempre chiesta
che cos’abbia provato. Mi sembrava molto piccolo, ma quando siamo
tornati a casa a Pellestrina ha detto pù acca, cioè più acqua». Il peggio viene scongiurato quando finalmente arriva il garbin,
il libeccio, che spazza via lo scirocco, evitando che le isole vengano
devastate. «I pescatori urlavano che era arrivato il garbin» ricorda
«dicevano è cambiato il vento! è cambiato il vento!».
Il mare si ritrae e la collettività inizia a rialzarsi. Dopo 20 giorni Marina e Marco tornano
a casa e ritrovano Attilio, mancato otto anni fa. «Sono sempre rimasta
qui a Pellestrina» afferma «da qui vedo dei tramonti meravigliosi e la
laguna mi riempie di tranquillità. Ogni tanto sogno ancora quel giorno,
ma non ho mai pensato di andarmene da Pellestrina».
Nessun commento:
Posta un commento