domenica 5 gennaio 2014
Dalle poesie alle lettere
Il nuovo libro di Aldo Vianello - intitolato appunto Lettere - per chi
non ama troppo la ragione, edizioni Supernova - raccoglie tutte le
lettere che il poeta veneziano, nativo di Pellestrina, ha scritto negli
anni a una moltitudine di persone, con una prosa secca e insieme
immaginifica, che è figlia del suo stile lirico. Sono in fondo
anch’essi frammenti di memoria, pur nella spietata concretezza del male
di vivere che descrivono e nella piena sofferenza del quotidiano,
come quelli della precedente raccolta di liriche di Vianello, Sequenze
di vita illustrata, uscita lo scorso anno. Dietro i modi un po’
burberi e sbrigativi - frutto anche della sua timidezza - Vianello è
poeta colto e raffinato, frequentatore a Venezia di poeti come Ezra
Pound, Aldo Palazzeschi e Diego Valeri. E sarà proprio Pound a scrivere
l'introduzione alla sua prima raccolta di poesie, Timide Passioni,
del 1964. E la lettura, ora, di queste epistole, variamente
indirizzate, nell’arco di oltre vent’anni, apre nuovi, interessanti
squarci, sulla poetica di Aldo Vianello e sulla sua pacata,
consapevole, disillusione della vita, intrisa di nostalgia. Come quando
scrive idealmente a Franco Basaglia, nel ’93: «Sei così lontano che
paradossalmente ti scrivo. Io mi definisco (ed è la verità) un pazzo;
lo stesso che se ne stava all’ombra dei tuoi angoli a leggere e a
scrivere. Componevo giornate un po’ diverse dal solito stato delle
cose e degli esseri. Con i brani del mio spirito facevo tappeti volanti e
paesaggi di firmamento. Ma era l’incubo a realizzare un volto non
tanto diverso dalla realtà. Oggi, che su di me ruota ancora quel tempo
vissuto in fondo al male, voglio chiederti, amico, un favor, sempre
che tu non sia indifferente all’umana condizione, visto la barriera
che si erge tra me e l’aldilà! Ti prego di farmi uscire dal grande,
infinito manicomio che è la vita. Puoi riuscirci evitando
conseguenze di varia natura? Tu, che hai rotto i cardini del pesante
cancello, dietro il quale tutto era schiuma e aquilone, potrai
liberare il mio passo dal morso dei mastini che nell’uomo irridono i
sogni?»... (e.t.)
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