domenica 24 luglio 2011

Pellestrina, da Roma neanche un euro

C’è chi è stato previdente, si è assicurato la casa contro i danni dovuti al maltempo e dopo tre mesi è stato risarcito. Ma la maggior parte delle quattrocento famiglie colpite dalla tromba d’aria del 23 luglio 2010 è ancora in attesa che da Roma si sblocchi qualcosa.
 Nonostante le promesse dell’allora numero uno della Protezione civile, Guido Bertolaso. Sopralluoghi in pompa magna, promesse, ma nemmeno un centesimo per Pellestrina mentre altre località, colpite da eventi simili a distanza di qualche mese, una parte dei rimborsi li hanno già ricevuti. E’ questo l’aspetto che scatena la rabbia degli abitanti di San Pietro in Volta e Portosecco. La maggior parte di loro non si è dato per vinto, nonostante il tetto sopra la loro camera da letto sia volato via, oppure il camino gli abbia sfondato addirittura la sala da pranzo.
 A distanza di un anno l’isola porta ancora i segni di quell’evento: qualche muro di cinta ancora da ricostruire, le guaine scoperte sul tetto della chiesa di San Pietro, qualche grondaia storta, ma soprattutto gli intonaci ancora scheggiati dalle tegole sparate dal vento come pallottole contro le case.
 «I restauri mi son costati 9mila euro - dice Stefania Ghezzo dal civico 310 di via Laguna -- sto ancora aspettando i risarcimenti promessi, ci spero ancora. Cosa penso? Che ricordo quei momenti tremendi ogni qualvolta si alza il vento o arriva brutto tempo. Ero a casa da sola e il tetto si è aperto con la pioggia che cadeva dentro. Mi viene un nodo alla gola, a ricordarlo. Ai miei vicini quello scherzo è costato 13mila euro». Al civico 303 tutto è stato sistemato, ma Sante Ballarin e la moglie Paola fanno l’elenco. «Tetto a pezzi, travi spezzate, camino caduto, mobili e termosifoni distrutti, vetri esplosi. Oltre 30 mila euro di danni. Per fortuna eravamo assicurati e non eravamo in casa in quel momento, il camino ci sarebbe finito in testa dopo aver sfondato il tetto. Dopo tre mesi ci hanno saldato le spese, altrimenti saremmo ancora qui ad aspettare come gli altri». La Remiera di Portosecco ha ancora le grondaie rotte e il muro di cinta a terra, così come il vicino panificio Ballarin. Il titolare, Marco, esce e sbotta: «Il muro di cinta lo rifarò quando i tempi saranno migliori, mi costerà almeno 20mila euro. Ne ho già spesi 7mila per il panificio, un camino è precipitano sull’ingresso. Ricordo ancora che dai lucernari del tetto vedevamo le barche della remiera che volavano via. Una cosa allucinante». Uno di quei pedalò è ancora nei campi dietro la remiera, quasi a memoria di quanto accaduto. Così come il palasport è inagibile con tutti i disagi che ne conseguono per gli sportivi isolani. «Rimango convinto che il tetto è stato fatto male - rincara Ballarin, presidente anche della Us Portosecco che gestiva l’impianto. - Chissà che i progettisti capiscano che la copertura in rame non basta e che il tetto va fissato meglio».
 Ai Cantieri De Poli una delle due grandi gru è ancora appoggiata alla casa di fronte, mentre l’ex scuola Goldoni ha ancora finestre rotte e colonne del cancello a terra.
 La vicina sede della Protezione civile è invece in gran parte inagibile. «Risultato di promesse non mantenute e burocrazia troppo lenta - commenta il presidente della Municipalità, Giorgio Vianello -. Martedì prossimo farò il punto con Protezione civile e Comune, e ricalcoleremo le spese dei cittadini. Qualcosa doveva arrivare, invece nulla, e la gente si sente presa in giro da chi gli ha fatto tante promesse. Chiederemo al Magistrato alle Acque se, come compensazione per i lavori del Mose, potrà intervenire per aiutarci a risolvere alcune delle situazioni ancora in piedi sull’isola».

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