domenica 24 ottobre 2010

Quando il mare era ricchissimo


Il mare di oggi più che mai è impoverito, a volte qualcuno ne parla,
ma per salvaguardarlo ben poco viene fatto. Quello di una volta, al
confronto, era una favola.
      Durante l’estate di quest’anno,
mentre camminavo sul bagnasciuga dove trovo beneficio per la
circolazione sanguigna, mi è venuto in mente quello che quello che
proprio là il mare una volta buttava alla riva: di tutto e di più delle
quantità più diverse, ogni specie di pesce. La maggior parte erano
seppie e venivano mangiate dai delfini, il resto chiamata "causso"
veniva trasportata dalle correnti dal marea a riva, chi andava per primo
al sorgere del sole ne poteva raccogliere anche una buona quantità, dai
10 ai 20 chili.
      Nel 1955 con papà, mamma e fratelli, da
Portosecco siamo venuti ad abitare nel vicino San Pietro, dove tutt’ora
abito. Ebbene, quell’anno durante l’inverno ha fatto un forte vento di
bora: andando vicino al mare vidi un corbo (ombrina) ancora vivo che
saltava, buttato dal mare, pesava due chili questa specie di pesce
diventa molto più grande circa 10 o 15 chili (le sue carni sono molto
pregiate).
      Un altro episodio che mi è capitato all’età di 10-12
anni con mio papà nel mese di maggio con la barca allora a remi:
eravamo vicino agli scogli della punta della diga sud e stavamo
rientrando. Ad un certo punto papà si ferma e mi dice: «Franco, vai a
prendere quel "granzon" (granseola maschio)» che stava camminando sopra
la diga. Forse pesava un chilo e mezzo. Questo fatto non accadeva tutti i
giorni però dalla moltitudine delle varie qualità di pesce che
popolavano il mare per vari motivi c’era sempre quello che si portava
fuori dal proprio habitat. In quegli anni sentivo dire che il mare era
sette volte più ricco della terra. A quel tempo se per assurdo una
persona mi avesse detto come si sarebbe potuto impoverire il mare di
oggi, gli avrei risposto senza mezzi termini di andare da uno
psichiatra, invece dopo tanti anni mi accorgo che la visita avrei dovuto
farla io.
     
Gianfranco Vianello
          
Pellestrina

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