giovedì 30 settembre 2010

Diossina record dopo l incendio

29 settembre 2010

Nel procedimento per l’incendio al Petrolchimico nel 2007 si aggrava la
posizione dei 6 indagati. Fino ad ora erano accusati di incendio
colposo, ieri il pm Lucia D’Alessandro ha contestato il reato di
disastro colposo sulla base di un rapporto firmato da Giorgio
Ferrari, capo della Sezione antinquinamento del Magistrato alle acque.
Si legge che nei giorni successivi all’evento a San Petro in Volta
ci fu un’altissima concentrazione di diossina.  La relazione è
arrrivata sul tavolo del pubblico ministero veneziano la scorsa estate. I
tecnici del Magistrato alle acque, oltre a rivelare che i
segnalatori da loro piazzati nelle acque lagunari dell’isola di
Pellestrina (in particolare quelli a San Pietro in Volta)
segnalarono - nei giorni successivi all’incendio al cracking della
Polimeri del Petrolchimico - valori ben cento volte superiori ai
parametri normali per quanto riguarda la presenza di diossina, hanno
anche esaminato tutte le riprese fatte dai satelliti meteorologici
di quella giornata, il 3 luglio di tre anni fa. Si vedrebbe chiaramente
che la nuvola provocata dal gas e dalle sostanze chimiche finite
in torcia e dal fumo provocato dall’incendio è stata spinta dal
vento verso il mare passando esattamente sopra San Pietro in Volta.
Disastro colposo, dunque, invece che incendio, anche perchè il
rogo fu piuttosto esteso.  I difensori degli indagati interverranno il
12 ottobre, giorno in cui il giudice veneziano Antonio Liguori ha
fissato la prossima udienza. Ieri, intanto si sono costituiti parte
civile il ministero dell’Ambiente, la Provincia, Wwf Italia e
Legambiente. Gli indagati per i quali il pm ha chiesto il rinvio a
giudizio sono dirigenti e dipendenti della «Polimeri Europa»: il
direttore dello stabilimento di Marghera, Marco Riva, il
responsabile dell’intera manutenzione del Petrolchimico, Giancarlo
Tagliapietra, il vicedirettore di Marghera, Luca Bentivegna,
quindi i responsabili nel reparto dove è scoppiato l’incendio, Cristiano
Piccinin, Dante Viale e Sereno Albanese. Inizialmente tra gli
indagati c’erano anche i milanesi: il presidente della società Giorgio
Clarizio, l’amministratore delegato Piero Raffaelli e il direttore
operativo centrale Domenico Elefante. Per loro, la rappresentante
della Procura, ha chiesto l’archiviazione.  L’accusa si basa sulla
consulenza tecnica che il pm ha chiesto al comandante dei vigili
del fuoco trevigiani, Silvano Barberi, e al docente di ingegneria
meccanica dell’Università di Firenze, Paolo Citti. A provocare
l’incendio era stato l’olio grezzo fuoriuscito da una tubatura a causa
dello scoppio di una valvola. «Il malfunzionamento della valvola -
scrivono i due periti - si era già verificato in passato...per
questo erano state aperte le procedure di manutenzione a far data dal 26
aprile 2007, ma il 3 luglio la manutenzione non era ancora stata
eseguita». «L’impianto in questione - proseguono Barberi e Citti - aveva
fornito in più occasioni chiari segni premonitori di quanto
avrebbe potuto accadere e l’incidente sarebbe stato scongiurato se
la manutenzione sulla valvola fosse stata eseguita». Hanno, inoltre,
segnalato numerose lacune di procedura tra le quali la carenza di
manutenzione e quella della valutazione dei rischi. Infine, per quanto
riguarda l’inquinamento nell’aria scrivono che non è accertabile
perché rimasto al di sotto della soglia che fa scattare i sensori. Quel
giorno i sindacati avevano escluso che ci fossero stati pericoli
per la popolazione, ma la nube tossica che si era alzata aveva scatenato
polemiche.
-
(Giorgio Cecchetti)

Nessun commento:

Posta un commento