venerdì 28 luglio 2006

Canal Grande, tensione senza incidenti

Una sessantina di imbarcazioni ha ormeggiato di fronte alla Salute. Tra gli sguardi dei turisti

 


Dopo la protesta in terraferma, i caparozzolanti pellestrinotti hanno scelto un palcoscenico che desse ancor più visibilità alla loro manifestazione: il Bacino di San Marco. Se in via della Libertà i pescatori hanno finito per bloccare più volte il traffico, nel cuore di Venezia sono stati invece più rispettosi, limitandosi a legarsi tutti "a lai" l'uno dell'altro in Punta della Dogana, lasciando almeno metà del Canal Grande libero alla navigazione. Ne è risultato qualche rallentamento, ma nessun blocco, e in sostanza nessun disagio per la città.

Gli animi, però, erano tesissimi, e se in serata non fosse arrivata la determinazione della Provincia che autorizza da oggi la pesca nel Tombolino (vedi servizio sotto), sarebbe nato il finimondo. «Blochemo el Canal, in barca gavemo feri e corteli, no' ne move nissuni», ha minacciato più di un pescatore.

Mentre i vertici del consorzio La Cavana attendevano nella sede della Provincia, a Mestre, il sospirato via libera alla pesca, almeno una sessantina di vibranti, lasciato il Canale Brentelle a Porto Marghera, ha imboccato il Canale Vittorio Emanuele, con rotta San Marco. Le prime imbarcazioni, quasi tutte blu, con le grosse ancore a poppa e gli ancor più grossi rastrelli a prua, sono cominciate ad arrivare in Bacino San Marco poco prima delle 17, con un grande spiegamento di Forze dell'Ordine: carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, polizia.

Si è capito subito, però, che i pescatori non avevano ancora intenzioni davvero bellicose. «Ghe metèmo un poco de pevare nel dadrìo» ha infatti spiegato chiaramente uno di loro. Le vibranti si sono limitate a evoluire per un po' in Bacino, poi ordinatamente si sono avvicinate a Punta della Dogana, legandosi alla riva. Diverse hanno calato la "rasca" (pare che anche in Bacino, infatti, ci siano i caparozzoli...), dando fiato alle sirene e lanciando con le pompe grandi getti d'acqua verso il cielo.

Attorno, la vita cittadina è andata avanti come sempre, e perfino la protesta dei caparozzolanti è diventata un'attrattiva turistica: nei vaporetti, tutti i "foresti" si sporgevano da un lato per vedere meglio e fotografare i pescatori, coi loro tatuaggi e il loro animato gesticolare. Le "carovane" dei tassisti hanno continuato a passare cariche di giapponesi, i gondolieri a imbarcare turisti come niente fosse. E infatti è stato così. «Venezia ingoia tutto», ha commentato un capitano dell'Actv facendo lo slalom tra Calle Vallaresso e la Salute.

I caparozzolanti, quali sulle barche quali a terra, hanno atteso l'esito delle trattative in corso a Mestre, in continuo contatto telefonico coi loro rappresentanti: da una parte, la presidente della Cavana, Gina Tiozzo, e il presidente regionale di Federcopesca, Enzo Fornaro, dall'altra Nicola Scarpa, a far da portavoce (e un po' da parafulmine) verso i pescatori. L'attesa non è stata lunghissima, trascorsa un po' tra rabbiose polemiche un po' tra battute e scherzi, coi pescatori a terra a bagnarsi con le pompe dei motoscafisti e a scambiarsi riflessioni coi sostituti tassisti.

Alle 19.15 è arrivato per telefono il rompete le righe: l'accordo era fatto. E pur mugugnando perché non soddisfatti fino in fondo, i pescatori hanno sciolto gli ormeggi puntando le prue a San Giorgio, e di lì a casa, a Pellestrina .

Silvio Testa

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