Tre anni fa una nube tossica investì l’isola di Pellestrina, sotto accusa i vertici dell’azienda
Il giudice Liguori ha disposto nuove analisi per chiarire le cause dell’incidente

Per ieri era fissato un confronto tra i periti di accusa e difesa - gli ingegneri Palombarini e Roberti, due cattedratici esperti in metallurgia - che doveva essere decisivo. In realtà, a fronte di una serie di contrasti molto tecnici tra i due professori, che sulla carta potrebbero essere risolti con nuove analisi, il gup ha disposto quest’ulteriore approfondimento. Un terzo perito, che a questo punto sarà scelto dallo stesso giudice, dovrà analizzare la tubazione, con le sue striature, per stabilire se la rottura è legata a una cattiva manutenzione recente, di cui sarebbe responsabile l’azienda, come sostiene l’accusa, oppure dipende da un lento processo di cedimento, durato decenni, per cui non ci sarebbero responsabilità, come ribatte la difesa.
L’incarico al nuovo perito sarà affidato il prossimo 11 febbraio. E i tempi del processo, inevitabilmente, si allungano. Il perito si prenderà un paio di mesi per il suo lavoro, poi ci sarà la discussione. Nel procedimento, come parti civili, si sono costituiti anche il ministero dell’Ambiente, il Comune e il Wwf. I sei imputati inizialmente erano stati accusati solo di incendio colposo. É stato all’inizio dell’udienza preliminare che gli è stata contestato il reato più grave di disastro colposo, sulla scorta dei dati registrati dalla centralina dell’aria di Pellestrina.
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