lunedì 5 aprile 2010

Concorso di poesie in dialetto veneto: ma quale?


È stato indetto il 14. Premio biennale Murazzo, organizzato dall’Acs
Murazzo in collaborazione con Comune di Venezia, Regione Veneto e
Municipalità di Lido-
Pellestrina e la cui
cerimonia di premiazione avverrà il 29 maggio.

      Le poesie a tema
libero, una per ciascun concorrente, mai pubblicata né premiata,
dovranno essere inviate al segretario professor Giovanni Scarpa Stella
(Sestier Scarpa 1023/M, 30126
Pellestrina)
entro il 24 aprile. In palio, secondo la tradizione remiera, quattro
premi Murazzo in oro, oro-argento, argento e bronzo più cinque
segnalazioni.

      L’iniziativa è lodevole, quasi trent’anni di
storia la legittimano, è in linea con il recente risveglio d’interesse
per il dialetto che, per esempio, ha visto la Provincia di Belluno
istituirne l’insegnamento agli immigrati in ottica di integrazione.

     
Però qualche interrogativo s’impone. Primo: il sottotitolo del concorso
recita «poesia in dialetto veneto». Secondo: nel regolamento si parla
di «poesia veneta». Terzo: si chiede «l’indicazione della località del
Triveneto» da cui proviene la poesia e ciò sottintende che ci si potrà
esprimere in dialetti diversi dell’area considerata. Tutto ciò significa
che il termine «dialetto veneto» - passi per «poesia veneta» - non
corrisponde alla realtà variegata di un territorio dove esistono quattro
ceppi di base: veneziano lagunare (con le varietà chioggiotta,
pellestrinotta, buranella, caorlotta e di terraferma), veneto centrale
(padovano-vicentino-polesano), veneto occidentale (veronese) e
trevigiano-feltrino-bellunese con la varietà liventina, come ricordato
da Gianna Marcato già nel 1981.

      Se il recupero del dialetto è
un «no» a omologazioni centraliste nazionali, «no» pure al centralismo
regionale.

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