giovedì 24 agosto 2006

"L'esperto": abituali i matrimoni tra parenti


«Ricordo
che anche due miei cugini si sono sposati tra loro. Il matrimonio tra
consanguinei era una cosa abituale. Veniva però richiesto il benestare
della Curia e poi si celebrava il matrimonio». Inizia così la
testimonianza di Giovanni Scarpa, 86 anni, residente a San Pietro in
Volta falegname in attività fino all'età di 72 anni. Nonno "Nane" è un
po' una memoria storica di quanto avveniva in isola e conferma la
fondatezza della ricerca effettuata dall'istituto San Camillo e
coordinata dal cardiologo Giorgio Levedianos. «Non solo - ricorda
"Nane" - era normale un'unione tra consanguinei residenti nella stessa
isola, era addirittura rarissimo che convolassero a nozze due giovani,
uno di Pellestrina e l'altro di
San Pietro in Volta. Perché i pellestrinotti si sposavano con i
pellestrinotti, i sanpierotti con i sanpierotti. Tanto che oggi esiste
ancora un detto popolare: "Chi passa la Marra (confine tra le due
frazioni di Pellestrina e San
Pietro in Volta) annega nell'acqua chiara". Il matrimonio, insomma,
andava a monte». Ma fino a quando esisteva questa abitudine? «È più
recente di quanto si possa pensare. Certamente l'usanza è perdurata
almeno fino alla seconda guerra mondiale. Nella mia infanzia era
un'abitudine normale. Io mi sono sposato con una donna originaria della
Carnia, ma ero un "caso" poco frequente». Quali erano i motivi? «Era
anche una questione di necessità e forza maggiore. Una volta la gente
stava in isola dalla mattina alla sera. Tutti erano pescatori e non si
lasciava mai l'isola o la frazione dove si abitava. Per andare a
Venezia bisognava spostarsi in barca propria non c'era un collegamento
di linea. Così facendo si capisce che i rapporti sociali erano molto
bassi e la comunità residente chiusa e isolata».

Lorenzo Mayer


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