domenica 30 luglio 2006

Pesca, tregua in attesa del responso romano

I caparozzolanti hanno sospeso la protesta. Domani vertice in Prefettura sull’area che Pecoraro Scanio dovrebbe concedere

 

(S.T.) Per i caparozzolanti di Pellestrina domani sarà il giorno del giudizio: ieri hanno tenuto assemblea, e hanno deciso di fare un atto di fiducia verso la Prefettura, dove domani ci sarà un vertice. Hanno stabilito di soprassedere, per ora, a proteste clamorose per attendere il giudizio, appunto, del ministero dell'Ambiente che domani permetterà o meno la pescare nella zona della Marotta, l'unica nella quale a questo punto sua possibile condurre quella campagna emergenziale di pesca gestita che dovrebbe dare ai pescatori una boccata d'ossigeno in attesa del passaggio all'allevamento. La palla è in mano al ministro, Alfonso Pecoraro Scanio.

Nelle settimane trascorse, i pescatori sono passati di illusione in disillusione: prima gli è stato detto dalla Provincia che sarebbero potuti andare a lavorare in una sessantina di ettari nei pressi del Bacàn, e poi si è scoperto che l'area era piccola come un pugno; poi è stata loro assegnata l'area di Sottoventi, tra il Canale dei Petroli e la coda del Melison, impraticabile per le alghe; infine, tre giorni fa, dopo la clamorosa manifestazione che ha coinvolto Mestre e Venezia, è stata loro promessa l'area del Tombolino (tra il ramo San Leonardo e la coda Melison), ma l'altroieri la Regione ha dato il suo niet, perché l'area non è classificata dal punto di vista igienico sanitario.

Resta la Marotta (tra Canale dei Petroli e Canale Fisolo), dove giorni addietro i caparozzolanti hanno fatto un blitz: un'area sufficientemente ampia (un centinaio di ettari), classificata, ricca, ma negata dal ministero dell'Ambiente, per il rischio di perdita di sedimenti. L'altroieri, però, con la mediazione del prefetto, Guido Nardone, che ha convocato un vertice, la posizione del ministero dell'Ambiente è stata ammorbidita, anche a fronte dell'impegno dei caparozzolanti a comprare loro le cosiddette "panne Boston", usate nel porto statunitense per ricatturare il sedime messo in sospensione.

Ieri mattina, la presidente del Consorzio La Cavana, Gina Tiozzo, è andata a dire questo ai suoi associati, ed è riuscita a convincerli a restare tranquilli fino a domani. «Il prefetto - ha spiegato - ha riconosciuto che il nostro è anche un problema sociale, si è molto impegnato, e tutti hanno capito che gli si deve dare fiducia». Oltretutto, ha aggiunto, ora tutti sanno che alla Marotta non vi sono più alternative, neppure il Tombolino che era stato proposto dalla Provincia, e non chiesto dai pescatori, e ciò mette tutti davanti alle proprie responsabilità.

Le "panne Boston" non potranno arrivare prima di un paio di mesi, ma intanti i pescatori hanno proposto essi stessi di lavorare solo con la crescente, in modo che il sedimento mosso vada verso la laguna centrale e non esca in mare. «Con queste condizioni - ha concluso Gina Tiozzo - speriamo che il ministero dell'Ambiente ci consenta di lavorare».

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