Il top manager della Montedison e il suo “mariner” Angelo Vianello da
Pellestrina la strana coppia che fece approdare la Compagnia della Vela
all’America’s Cup
La gloria mondiale del Moro nasce a Pellestrina. Può sembrare
esagerato, eppure proprio dalla storia di un esperto marinaio
dell’isola, timoniere e uomo di fiducia di Raul Gardini a Venezia,
prende il via l’avventura del Moro di Venezia. Angelo Vianello ha da
poco compiuto 50 anni. E lavora per il presidente della Montedison, il
ravvenate Raul Gardini, che si è da poco stabilito a Venezia acquistando
palazzo Dario. Vianello è uomo di mare, è stato da ragazzo il «mozzo»
della Compagnia della Vela, a San Giorgio ha conosciuto velisti famosi e
veneziani appassionati di barche. Vive più in barca che in terra, è un
conoscitore di scafi e di vele. Gardini lo nomina «marinaio personale» e
timoniere della sua barca da crociera, una copia ridotta del Moro II
con cui il finanziere ravvennate segue da vicino, a San Diego, le regate
di Coppa America.
Un giorno di autunno del 1988, come ricorda nel suo libro Corrado
Scrascia, memoria storia della Compagnia della Vela, «Vianello si
presenta nella sede storica della Compagnia ai Giardinetti reali. «Mi so el mariner del dotor Gardini» dice a un allibito Giulio Donatelli, per anni presidente del sodalizio, scomparso di recente all’età di 98 anni, «e a lu ghe piasarìa portar qua la Copa America».
Il colloquio un po’ surreale avviene sotto le Procuratie Nuove, davanti
al Caffè Florian, a pochi metri dalla sede sociale. Il sasso è lanciato
e l’avventura inizia. Donatelli firma la domanda di partecipazione alla
prestigosa regata – il regolamento prevede che sia uno yacht club e non
un equipaggio a farla – Gardini assicura i finanziamenti.
E Venezia riscopre l’amore per la vela. E quel magico scafo rosso,
costruito nei cantieri Tencara di Marghera con tecniche avveniristiche –
per la prima volta vengono utilizzati insieme il keflar e il carbonio –
risveglia un entusiasmo antico e mai dimenticato. I veneziani aspettano
a sera il passaggio del Moro. Lo seguono in barca e dalle rive,
applaudono. Fanno la fila per vedere la barca tirata a secco nei Saloni
del Sale, alle Zattere, riaperti e restaurati per l’occazione,
l’equipaggio guidato dallo skipper Paul Cayard che monta in barca alle
Zattere. Inaugurazione in pompa magna, dalla Punta della Dogana, con
l’allora sindaco Antonio Casellati, regia di Franco Zeffirelli, musica
di Enrico Morricone. Non mancano le polemiche, come sempre a Venezia. I
vecchi soci della Compagnia della Vela non vedono di buon occhio la
«conquista» dello storico sodalizio da parte di Gardini. Che vuole
iscrivere un centinaio di nuovi soci per ottenere il controllo della
società. Alla fine Gardini rinuncia, e rinuncia anche al progetto di
portare stabilmente in laguna le strutture da regata.
Ma l’attesa non viene delusa. In trenta regate disputate, tra 25
gennaio e il 9 aprile del 1992, il Moro di Venezia V vince 21 volte.
Conquista anche la storica finale della Luis Vuitton cup dopo una
storica rimonta con new Zealand e sarà l’unica barca italiana a vIncere
una regata nel match finale di Coppa America, tra il 9 e il 16 maggio
1992. Un mito che ancora resiste, con il leone giallo su sfondo rosso e
la scritta «Montedison», a vent’anni di distanza.
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