di Roberto Bianchin È perfettamente inutile che cerchiate Pellestrina
sulle carte geografiche. Pellestrina non esiste. Io lo so, io ci
sono stato. Anche il computer sul quale sto scrivendo, che pure passa
per uno strumento sofisticato, quando scrivo Pellestrina, la
sottolinea in rosso. Come dire che è un errore. Che chissà che cavolo
sto scrivendo. Che questo nome a lui non risulta. Che non l’ha mai
avuto nella memoria. Che Pellestrina, appunto, non esiste. Parlava di
un’altra isola, ma rispondeva proprio così, Gian Antonio Cibotto
(questo computer dev’essere proprio ignorante, sottolinea in rosso
anche Cibotto), a chi gli chiedeva cosa fosse Scano Boa e dove si
trovasse (sottolinea solo Scano, la bestia). Scano Boa era il
titolo, misterioso per i più, di un libro di Cibotto uscito negli anni
Sessanta. Per molti, il romanzo più bello, più intenso, del grande
scrittore veneto, una delle voci più limpide della letteratura del
Novecento. Scano Boa, che dava il titolo al libro, che racconta la
storia di un pescatore di storioni, era (ed è) il nome di una
piccola isola nel Delta del Po. Una lingua di terra distesa dove il
grande fiume finisce la sua corsa e si uccide nel mare. Un posto
magico e nascosto, disabitato, dove arrivi solo se hai una barca, e dove
non andava e non va mai nessuno. Tranne lui. Che quando lo
pigliava la malinconia, si faceva portare fin laggiù dal vecchio Caparìn
(sottolinea anche questo, ovviamente), un pescatore amico suo, e
passava ore seduto a guardare il mare, a far volare i gabbiani muovendo
le braccia come fossero ali, e a parlare con una Madonnina
solitaria in cima a un capitello che solo a lui si confidava. Non
era tanto per scherzo, o per snobismo, che Cibotto diceva che Scano Boa
non esiste. Che quel nome se l’era inventato. E’ che non voleva
davvero farlo sapere. Perché in quegli anni stava per arrivare il
turismo anche lì, e lui, che è nato e vive a Rovigo, amava
follemente quei posti, e voleva preservare dai disastri del turismo di
massa il suo angoletto di paradiso. Potrei finire di scrivere qui.
Avrete già capito. Pellestrina è Scano Boa. Non esiste. O almeno,
andiamo in giro a raccontarla così. Togliamo i cartelli stradali e
cancelliamola dalle mappe. Fermiamola nel tempo. Conserviamola
com’è. Solo per noi. Posto dell’anima, privilegio per pochi. Dura. Certo
che è dura. E i pellestrinotti (sottolinea anche questo), stirpe
aspra e forte, ma capace di dolcezze improvvise, vanno capiti.
Perché non hanno torto. Diversamente dal Lido, da Murano, da Burano,
Pellestrina è l’unica isola della laguna di Venezia che non ha
turismo. Che non ha strutture. Che non raccatta nemmeno le briciole
lasciate da quei ventidue milioni di turisti che invadono Venezia.
Brontolando, ma se la sono sempre cavata. Ora però che la pesca e i
cantieri sono entrati in crisi (la pesca anche per colpa di chi ha
arato il fondo con quei rastrelli micidiali), e che lavoro non ce n’è,
è sempre più difficile resistere. Ecco allora che spuntano progetti
di sfruttamento turistico anche a Pellestrina: stabilimenti sulla
spiaggia, alberghi, pensioni, locande, residence, villette, villaggi
turistici, darsene, porticcioli. Tutto bello e giusto. Difficile
anche opporsi. Valorizzerebbe l’isola, porterebbe lavoro, non
costringerebbe i giovani ad andarsene. Però cambierebbe volto
all’isola. Irreparabilmente. La omologherebbe. Distruggerebbe la sua
diversità. Ne scalfirebbe quella patina di autenticità resistente
ai tempi e alle mode. Non sarebbe più solo dei veneziani che ci
vanno in barca e che affollano le sue deliziose trattorie. Troviamo
altri modi per aiutare i meravigliosi pellestrinotti a resistere.
Ma, per favore, cancelliamola dalle carte. Pellestrina non esiste.
r.bianchin@repubblica.it
Devi avere una linea di connessione a internet debole o un pc scarso,forse non sai usare il pc o forse stai soltanto denigrando una località che a te non piace. Io penso che questo non sia giusto. Comunque se vuoi ti posso dare delle ripetizioni di informatica,così ti risolvo molti problemi e spari meno cazzate.
RispondiEliminaParrebbe proprio che l"Anonimo informatico" abbia letto un po' in fretta, ed in ogni caso, nn abbia capito un pitto. hi hi.
RispondiEliminaGrazie per averlo inserito l'articolo di Roberto Bianchin, l'ho appena trovato fotocopiato ed attaccato alla porta di ingresso di un locale di Pellestrina.