Disavventura per una comitiva a Pellestrina. Stupito il titolare del locale: «Ho servito 250 coperti, nessuna lamentela»
«Eravamo in 19 a quella cena. Nove di
noi sono finiti in ospedale per una tossinfezione alimentare, compresa
mia moglie che ha avuto vomito e diarrea per molte ore. Si è “salvata”
solo la bambina che era con noi, perché ha mangiato la pizza».
«Ho ricevuto una telefonata da una signora che urlava arrabbiatissima.
“Vi mando i Nas, vi faccio chiudere” diceva. Ho cercato di parlarle e
farla ragionare: non c'è stato verso».
Maurizio Tiozzo è il marito della signora intossicata, uno dei 19
chioggiotti che, sabato sera, si erano recati al ristorante «Ai
Pescatori» di Pellestrina. Per lui (e per la moglie) quanto accaduto è
chiarissimo: gli è stato servito qualche piatto «avariato» e pensa anche
di sapere quale. Domenico Gavagnin, invece, è il titolare del
ristorante incriminato ed è più che sicuro delle genuinità dei suoi
ingredienti e della bontà dei suoi piatti («trent'anni di lavoro e mai
un problema del genere», dice).
Quello che è certo è la visita, al pronto soccorso di quasi metà dei
componenti della comitiva chioggiotta, la sera dopo quella della cena.
Tre di loro la mattina di lunedì erano ancora là, in osservazione, per
gli scarsi valori dei livelli di sodio.
Il referto parla di «verosimile tossinfezione alimentare» ma,
ovviamente, non ci sono ancora analisi che identifichino gli eventuali
agenti patogeni. Tiozzo e amici, però, non hanno dubbi. «Sono stati male
tutti quelli che hanno mangiato uova di seppia», dice, «io le ho
evitate, perché avevano un odore che non mi piaceva, ma mia moglie le ha
mangiate. E anche gli altri».
Gavagnin, però, obietta su tutta la linea. «Era un prodotto acquistato
in giornata dal mio abituale fornitore. Certo che l’avevo congelato. Ma
quella sera ho servito oltre 250 coperti e nessuno, dico nessuno, si è
lamentato, tranne quella comitiva». Il giorno dopo, quando ha ricevuto
la telefonata di protesta (e le rimostranze su Facebook) Gavagnin ha
cercato di spiegare ma «la signora non mi ha fatto parlare. Non so
neanche chi fosse, altrimenti l’avrei invitata a venire da noi, a
spiegarsi con calma». Poi il ristoratore ha chiesto lumi ai suoi
camerieri. «Ho saputo che hanno anche bevuto molto e non so cosa abbiano
fatto dopo essersi allontanati da qui», dice.
Insomma, le valutazioni sono diametralmente opposte e ognuna delle
parti sarebbe pronta a intraprendere le vie legali, per tutelare la
propria e altrui salute, o per tutelare l'immagine di una azienda «che
rappresenta tutta la nostra vita».
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