Paura per un centinaio di studenti che dormivano nella colonia
Indagini a tutto campo per cercare di individuare i responsabili
dell'incendio che, l'altra notte, ha distrutto alcune vecchie baracche
in legno nell'ex convento di Ca’ Roman. Se c'è una cosa, infatti, che
appare certa in questa vicenda, è la natura dolosa delle fiamme.
La
ricerca di eventuali tracce materiali (taniche vuote di liquidi
infiammabili, resti di inneschi, ecc.) è affidata ai vigili del fuoco di
Venezia, ma non è detto che vada a buon fine, dato che queste tracce
potrebbero essere state “cancellate” dall'incendio stesso. E tuttavia i
precedenti (due piccoli altri incendi lo scorso 18 maggio e vari atti
vandalici, nel tempo, segnalati alle autorità dai gestori dell'oasi
naturale) puntano tutti verso l'intenzionalità del gesto. Potrebbe
essere stato l'insano “divertimento” di un gruppo di vandali, ma fa
pensare anche il fatto che, sull'area andata a fuoco insista un progetto
per la realizzazione di un complesso residenziale (42 villette) al
momento bloccato da una sentenza del Consiglio di Stato.
Al di là
delle possibili motivazioni del gesto, però, resta il rischio corso
dalle persone, oltre un centinaio, che l'altra notte erano ospiti della
colonia gestita dalle suore. «Tre classi di studenti di scuola media
superiore, con accompagnatori e altri turisti», racconta Andrea Favaro,
che è stato testimone oculare dell'incendio, «i primi che si sono
accorti del chiarore delle fiamme hanno avvisato gli altri che
dormivano. Poi ci siamo allontanati tutti dal posto. Non ci è mai
sembrato di essere in pericolo, ma il vento tirava nell'altra direzione
sia il fuoco che il fumo non si sono avvicinati a dove eravamo noi». Una
fortuna, che la prossima volta potrebbe non ripetersi: meglio, quindi,
trovare i responsabili, prima che ci sia una prossima volta.
Diego Degan
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